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MEDEA di GianMarco Porru

18 settembre 2021–18 settembre 2021

GIANMARCO PORRU
MEDEA
con la collaborazione di Mariasilvia Greco
ora: 18:00
a cura de Il Colorificio
(Michele Bertolino, Bernardo Follini, Giulia Gregnanin, Sebastiano Pala)
In collaborazione con Museo MA*GA
parte del progetto Academy Young, promosso da Regione Lombardia e Anci Lombardia

La mitologia greca ha esercitato un’enorme influenza sulla cultura di tutta Europa, arrivando a costituire l’ossatura del pensiero occidentale. Le sue figure sono servite a illustrare complessi patologici della psiche da parte della psicoanalisi freudiana e junghiana. Mentre le sue storie, composte da eroi civilizzatori e da popoli barbari incivilizzati, hanno contribuito a propagare l’idea di un necessario dominio guidato dall’intelletto, radicando così la dicotomia colonizzatore-colonizzato e la disparità tra soggetto egemonico e subalterno. Quest’ultimo aspetto, praticamente onnipresente nella mitologia, si trova ad essere scardinato da parte di alcuni personaggi che, attraverso complessità ed opacità, sfuggono a questo schema attuando rotture interiori e personali rivolte. Le loro azioni indecifrabili evadono dalle forme di giustizia condivisa e divorziano definitivamente con il l logos occidentale, portando così a un’incrinatura del senso e della ragione.  Tra queste figure vi è senza dubbio Medea. La sua nota storia travagliata inizia nella Colchide, paese dalla struttura matriarcale di cui è principessa. Qui aiuta l’amato Giasone nel trafugare il Vello d’Oro per poi venire bandita e rifugiarsi, assieme a lui, nella città di Corinto. Quando Giasone le confessa che ha intenzione di abbandonarla per unirsi alla principessa Glauce, Medea realizza che senza la protezione di un uomo sarebbe stata costretta a vagare per la Grecia depauperata dei propri diritti. Decide allora di compiere la sua vendetta uccidendo, tramite le arti magiche di cui è padrona, Glauce e i propri figli avuti con Giasone, privandolo così dell’amante e degli eredi. Compiuto l’atto, Medea fugge a bordo del carro del Sole, trainato da draghi alati.

La performance Medea di GianMarco Porru, realizzata in collaborazione con la performer e attrice Mariasilvia Greco, indaga il viaggio di Medea, gettando luce sulla condizione di “straniera in terra straniera” che ne ha caratterizzato la vita nomadica. L’azione performativa nata nel contesto del progetto a lungo termine R-Evolution 2021 sostenuto dal Nuovo Teatro Sanità e Fondazione Sardegna Film Commission, è volta a rivisitare il mito dell’eroina della Colchide con attenzione al contemporaneo, connettendosi alla metodologia di ricerca dell’artista. Attingendo ai racconti e alle storie del folklore popolare, ai miti scritti e alle leggende orali, Porru avanza forme di conoscenza alternative che resistano alle storiografie ufficiali. La danza, il teatro e l’immagine in movimento sono i linguaggi attraverso cui struttura contronarrazioni che partono da tempi e geografie lontane per investire l’oggi.

Medea prende le mosse dalle riletture del mito euripideo del poeta, scrittore e drammaturgo calabrese Corrado Alvaro e della scrittrice tedesca Christa Wolf, lз qualз sottolineano nella figura di Medea il meccanismo di costruzione di un’alterità subalterna. Proveniente da un paese che per l’uso di stregoneria e per l’organizzazione tribale era ritenuto primitivo, Medea non trova posto nell’occidente greco ricco e civilizzato. Con il passaggio da una società matriarcale a una patriarcale, si trova ad essere una reietta, un’esclusa. Wolf, in particolare, contesta il maschilismo che ne attribuisce l’uccisione dei figli, citando fonti antecedenti ad Euripide che descrivono i tentativi di Medea di salvare i tre figli portandoli al santuario di Era. La scrittrice tedesca avanza l’ipotesi che l’eroina intimidisse troppo il patriarcato e pertanto dovesse essere messa a tacere. Medea nel racconto euripideo è un soggetto dall’identità ibrida e instabile che si oppone al fallogocentrismo maschile dominante. È una strega astuta ma soprattutto straniera, la cui alterità è evidente nel suo aspetto e nei suoi costumi. Nella riscrittura di Wolf, infatti, sono i Corinzi ad aver lapidato i bambini per accusarla dell’atto per cui lei è costretta a fuggire. 

Le considerazioni intorno all’identità di straniera si condensano nell’elemento principale della performance: una grande bandiera mossa da Greco che ne scandisce le forme con una coreografia di gesti. La bandiera, simbolo identitario esclusivo e manifestazione di appartenenza geografica e nazionale, diventa testimonianza documentaria, canovaccio e vello su cui sono iscritte le geografie emotive di Medea: dal palazzo reale della Colchide, al firmamento di stelle e fasi lunari simboliche del viaggio compiuto, al Palazzo di Corinto avvolto dalle fiamme in una metafora della distruzione del potere. Cucita da Laboratorio Piroddu – laboratorio tessile e di ricamo del Nord della Sardegna che si occupa di ricerca, restauro, archivio e nuove produzioni di elementi del costume tradizionale – la bandiera è dotata di vita. I movimenti di Greco la animano, trasformandola in scudo e rifugio in cui proteggersi, fino a tramutarsi nei figli che Medea abbraccia prima della loro morte per mano dei Corinzi. La coreografia è guidata da un paesaggio sonoro, realizzato in collaborazione con D_Mode, dove la voce di Greco legge testi tratti da “Lunga Notte di Medea” di Corrado Alvaro . Da queste parole emerge una Medea in phugas, identificata come straniera proveniente da una terra arcaica che non trova accoglienza. Classificata come barbara e outsider, Medea rappresenta la marginalizzazione di chi è percepito come estraneǝ, ma soprattutto porta in nuce il parallelo tra la subordinazione della donna e la subordinazione dell’altrǝ razzializzatǝ, assumendo una posizione trasversale. È la potenza generatrice di questa sua identità conflittuale ad essere in grado di scardinare le missive sottese al mito greco, stagliandosi come potenziale metafora di resistenza.

GianMarco Porru (Oristano, 1989) vive e lavora a Milano.
Studia all’Accademia di Belle Arti di Brera e porta avanti la formazione nel campo del teatro. Tre le mostre in programma “Badly Buried”, a cura di Jade Barget, Naz Cuguoğlu, Alice Sarmiento, 13a edizione di YCRP coordinato da Lucrezia Calabrò Visconti, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene. 
Nel 2021 partecipa a “Mediterranea19 – School of Waters” a cura di Simone Frangi, Alessandro Castiglioni e a Natural Oasis?. Nel 2020 partecipa a milanOltre festival e alla mostra collettiva “BACK_UP” presso Fondazione Nivola, Orani. Nel 2019 è selezionato per il programma di formazione Q-Rated La Quadriennale di Roma e per il laboratorio di Teatro Valdoca diretto da Cesare Ronconi. Nel 2019 partecipa a “Teatrum Botanicum”, PAV di Torino. Sempre nel 2019 presenta la mostra personale “MALEDETTA” presso tSpace, Milano. Nel 2018 è in residenza presso il PAF - Performing Art Forum e presso Viafarini dove lavora alla performance “Senza Titolo (molto vicino al cielo)”, prodotta dal MIBACT Direzione Generale Spettacolo e presentata presso la Cappella Portinari di Milano. Sempre nel 2018 realizza la performance “Senza titolo (di una ordinaria magia)”, presentata in occasione di Furla Series #01, a cura di Marcello Maloberti, presso il Museo del Novecento di Milano.